giovedì 20 ottobre 2011

Gioielli o Bijoux? Coco Chanel

Chanel in the late 1930s.
Dragon Fly
Con la Grande Depressione, sul finire degli anni ’20, la storia della bigiotteria  o “gioielleria minore” diventa un vero e proprio fenomeno di costume. I metalli e le pietre preziose. per via della repressione, raggiungono prezzi esorbitanti e così, i bijoux realizzati con materiali poveri diventano una scelta quasi obbligata. Le creazioni di questa "gioielleria minore" diventano sempre più fantasiose facendo crescere il loro appeal nel cinema e nella moda. Paste vitree, cristalli e una sottile foglia d’oro sono impiegati per realizzare preziosi a buon mercato.

Le dive del cinema,imitate da schiere di donne, ostentano scenografici preziosi sfacciatamente falsi. Tutto ciò dà impulso a una produzione vastissima, che toccherà negli anni seguenti vette d’eccellenza che hanno poco da invidiare alla gioielleria autentica.Da ricordare soprattutto i bijoux e i bottoni gioiello di Coco Chanel, puntualmente in anticipo, da abbinare ai suoi vestiti.

Faux Baroque Pearl, Rhinestone, and Poured Glass Necklace. Attributed to Gripoix for Chanel, 1920s

Chanel_1932 Diamond Comet Necklace

chanel_1920s Faux Pearl Maltese Cross Brooch
1928 Chanel Brooch,
1930s Faux Pearl and Poured Glass Sautoir by Gripoix for Chane

mercoledì 12 ottobre 2011

Be-Lindy Zena Camp 2011


Be-Lindy Zena Camp
21/22/23 Ottobre 2011

Cosa dire di questa grande manifestazione a Genova, sono così emozionata... quest'anno parteciperò anchio in veste di principiante e non vedo l'ora... il mio primo Camp!
Be-Lindy Zena Camp è uno dei primi camp nati in Italia, le lezioni sono bene organizzate, le classi non sono mai per scelta troppo numerose,  il tutto in una palestra che ha quattro ampie sale con pavimenti in legno. Si impara a ballare con le migliori orchestre d'Italia e con i migliori dj internazionali, ma non solo.. gli insegnanti sono i migliori ballerini internazionali di Swing del mondo.

Per maggiori info: www.belindyzenacamp.it

martedì 27 settembre 2011

La gloriosa Bauhaus e il Cabaret

L'istituto d'arte e mestieri Bauhaus, scuola di arte, architettura e design che opera in Germania fino al 1933 tra Weimar Dessau e Berlino, fu fondato a Weimar dall'architetto Walter Gropius nel 1919. Lo stile unico perseguito da questo movimento (il tentativo di coniugare creatività e design), trova numerose rappresentazioni non solo in Germania, ma anche nel resto dell’Europa.

«Formiamo dunque una nuova corporazione degli artigiani, senza però quell’arroganza di classe che vorrebbe erigere un muro di alterigia tra artigiani e artisti! Impegniamo insieme la nostra volontà, la nostra inventiva, la nostra creatività nella nuova attività edilizia del futuro, la quale sarà tutto in una sola forma: architettura e scultura e pittura, e da milioni di mani di artigiani si innalzerà verso il cielo come simbolo cristallino di una nuova fede che sta sorgendo».
(Programma del Bauhaus di Weimar, 1919)

L'architetto Italo Statunitense
Pietro Belluschi e Walter Gropius 
Gli allievi dell'istituto erano pittori, architetti, ceramisti, tessitori, scultorie e designer, impegnati in attività di gruppo come gli artisti e gli artigiani del Rinascimento.
Lo stile caratteristico del Bauhaus era semplice, geometrico e accurato. Il Bauhaus all'inizio venne largamente sovvenzionato dalla Repubblica di Weimar ma nel 1933 la scuola fu chiusa dai nazisti con l'accusa di essere un centro di intellettuali comunisti.
Ad ogni modo il Bauhaus ebbe un grosso impatto sulle tendenze dell'arte e dell'architettura nell'Europa occidentale e negli Stati Uniti nei decenni a seguire, e molti artisti che vi furono coinvolti vennero esiliati dal regime nazista quindi malgrado l'abolizione dell'istituto, le sue idee si propagarono nel resto del mondo a seguito dell'emigrazione di molti suoi esponenti.
Uno dei principali obiettivi del Bauhaus fu di unificare arte, artigianato e tecnologia. La macchina veniva considerata come un elemento positivo e quindi il design industriale e del prodotto ne erano componenti importanti.
E’ proprio in questo clima stimolante e anticonformista, vissuto soprattutto a Berlino, che si assiste all’esaltazione di una forma molto singolare di spettacolo che mette insieme teatro, canzoni e danza: il Cabaret. Gli accenti trasgressivi dei cabarettisti favoriscono anche il diffondersi di una immagine femminile più disinvolta ed emancipata, distante dagli stereotipi tradizionali. A questo proposito non si può non citare la figura di Marlene Dietrich, un’attrice e cantante tedesca – nasce a Schöneberg (oggi quartiere di Berlino) nel 1901 – che conosce la fama internazionale nei primi anni Trenta. Tra le sue particolarità, c’è indubbiamente un nuovo modo di interpretare la femminilità, riuscendo a trasmettere una sensualità indefinita e accentuata che oscilla dal personaggio androgeno a quello della donna fatale che fa impazzire facilmente gli uomini.



Questo tratto della sua personalità è facilmente riscontrabile in questo video, in cui la Dietrich interpreta “Ich bin von Kopf bis Fuß auf Liebe eingestellt” (alla lettera: “Da capo a piedi sono disposta all’amore”). E’ un brano di uno dei suoi film più celebri, uscito nel 1929, che rappresenta anche il primo film sonoro del cinema tedesco: Der blaue Engel (L’angelo azzurro). 
Nella sua lunga carriera di cantante, Marlene Dietrich ha riscosso innumerevoli successi con canzoni ancor oggi ascoltate e apprezzate. Ne è un esempio significativo il brano simbolo della condizione dei soldati al fronte durante la Seconda Guerra Mondiale: “Lilì Marlene”. Le note struggenti della canzone, enfatizzate dalla voce roca, sono anche una delle immagini più immediate che si legano al nome e al volto dell’attrice.

T. Lux Feininger, Sport at the Bauhaus,
photograph, c.1928


giovedì 4 agosto 2011

Bessie Smith, Queen of the Blues

Bessie Smith nacque a Chattanooga, nel Tennessee, molto probabilmente il 15 aprile 1894. Nel Sud, in quegli anni, un lavoro decente per i poveri neri, non c'era. Molti si rassegnavano a diventare braccianti, altri venivano tentati dallo show business. Chattanooga, a più di cento miglia da Nashville, era una città che alla fine dell'800 contava 30,000 abitanti, e più della metà erano neri.
Bessie cominciò a cantare che era ancora bambina. Si esibiva nella sua città natale, nella via dove si svolgeva la vita notturna della comunità nera.
Tutto serviva per sfamare se stessa e la sua famiglia.


Il blues intorno agli anni '20
, era ancora una forma di poesia rurale, relegata agli stati del Sud e cantata da artisti prevalentemente anonimi. Bessie, con le sue prime registrazioni alla Columbia nel 1923, diventò presto una figura di riferimento per questo genere musicale. Il successo arrivò immediato, una specie di "blues gold rush". Il pezzo che vendette 780,000 copie in meno di 7 mesi (una cifra astronomica per quei tempi), fu "Down Hearted Blues".

Bessie si sposò due volte. Del primo marito non si sà molto, morì durante la prima guerra mondiale, mentre il secondo Jack Gee, ebbe un ruolo più importante nella vita della cantante, anche se spesso in senso negativo. Il loro matrimonio durò 6 anni, durante i quali frequenti furono i litigi. Jack era sospettoso nei confronti di bessie, che non solo aveva cominciato a bere, ma lo tradiva sia con uomini che donne con una certa disinvoltura.
Bessie scriveva anche le sue canzoni. Non era particolarmente originale nei testi, d'altronde non lo erano i blues in genere. Era pratica comune prendere in prestito versi da altre canzoni e crearne di nuovi attraverso un "taglia e incolla". Il grande successo di Bessie verso la metà degli anni Venti e il conseguente miglioramento della sua situazione economica, portarono la cantante a prendersi cura delle sorelle che fece venire a Filadelfia e alle quali regalò un ristorante.

Nel 1925 decise di comprarsi una carrozza ferroviaria per potersi spostare comodamente da una città all'altra, ma anche per evitare le difficoltà nella ricerca di un alloggio, che non era facile a quei tempi per gli artisti di colore.
Il treno era bellissimo: giallo acceso con le scritte verdi che annunciavano "The Empress is in Town".

La carrozza era lunga 24 metri circa, capace di trasportare l'intera troupe e lo show. Ognuna delle sette cuccette poteva ospitare comodamente 4 persone. In più, nel piano basso, c'erano posti per 35 persone. La cucina era provvista di acqua corrente calda e fredda ed era grande abbastanza da contenere tutta la troupe. Era Bessie stessa, e sua nipote Ruby, che si occupavano dei pasti, cucinando personalmente. Tutti collaboravano, persino i musicisti dovevano qualche volta pelare le patate. Il menù era quello tipico del Sud: stufato di zampone, trippa fritta, riso e fagioli. Una marching band sfilava per la città, suonando i motivi più festosi come "St Louis Blues" oppure "There'll Be a Hot Time in the Old Town Tonight". Gli affari andavano bene, ma gli sperperi del marito, il vizio del bere e il mantenimento delle sorelle, la portarono a spendere più di quanto guadagnasse. Accadeva talvolta che per riappacificarsi con il marito dopo l'ennesimo litigio, Bessie gli regalasse qualcosa di molto costoso, senza badare a spese Bessie frequentava i locali dove poteva bere abbondantemente e talvolta capitava nei "buffet flats" che, negli anni '20 erano luoghi dove spassarsela senza troppi divieti o rischi che la polizia facesse retate.



Erano dei clubs privati che offrivano di tutto: spettacolini erotici, gioco d'azzardo, liquori di contrabbando ed altro. Erano di soliti gestiti da tenutarie che, in modo efficiente e professionale, tenevano al sicuro i contanti che i clienti affidavano loro all'inizio della serata, che poi venivano ritirati di volta in volta, durante la notte, in base alle esigenze dei clienti. Un'altra forma di divertimento molto diffusa tra la comunità nera di Harlem, ma molto più a buon mercato, erano i "rent parties",una sorta di feste private organizzate col fine di raccogliere il denaro per pagare l'affitto della casa in cui si teneva la festa. Il buffet era semplice e casalingo:pesce o pollo fritto, piatti fumanti a base di interiora e cattivo liquore a volontà.
Uno dei blues più famosi di Bessie recitava così "Gimme a reefer and a gang of gin". Non è difficile ravvisare una tipica atmosfera da rent party.
Si mangiava, si beveva, si giocava d'azzardo fino all'alba. Un pianista o un chitarrista, fornivano la musica, ed a loro era dispensato il costo del biglietto e quello della consumazione.
Qualche volta Bessie amava vestirsi elegantemente, pelliccia e gioielli,ma non ostentava mai la sua nuova ricchezza. Continuò ad avere, anche nei momenti di maggiore successo, una forte comprensione per i meno fortunati, forse perché non dimenticava le sue origini. Odiava i parvenus neri che scimmiottavano i ricchi bianchi.

Il pubblico del blues annoverava anche dei bianchi delle aree rurali del Sud. Negli anni '20 il Ku Klux Klan era particolarmente pericoloso, ed in alcune comunità della campagna i membri di questa setta erano attivi con le loro rappresaglie, approfittandosi delle paure e dei sospetti che alcuni bianchi delle zone di campagna nutrivano per la comunità nera.

Bessie era consapevole che tra i suoi fans del Sud, quegli stessi che ridevano alle sue battute e che applaudivano ai suoi spettacoli, potevano nascondersi degli affiliati al Ku Klux Klan. Nonostante ciò, non dava molto peso a questi fatti quando girava negli stati del Sud.
Ma una calda notte del luglio 1927, un gruppo di incappucciati fece visita al suo tendone. Bessie era appena uscita di scena ed il pubblico la stava richiamando sul palco per un bis. Era una serata estiva caldissima ed uno dei musicisti era uscito fuori per prendere una boccata d'aria, quando udì delle voci che venivano da lì vicino. Quello che si presentava ai suoi occhi era terrificante: circa sei persone incappucciate stavano armeggiando vicino alle corde che legavano le impalcature della tenda. Il musicista si precipitò da Bessie,e riuscì a balbettare qualcosa di ciò che stava accadendo. Bessie non perse tempo. Chiese ad alcuni ragazzi della troupe di seguirla e si diresse verso l'esterno.
Ecco come viene riportata la scena nella biografia della cantante secondo i ricordi di Maud, la cognata.

"Bessie sembrava non aver paura mentre si dirigeva spedita verso quegli sconosciuti, fermandosi a pochi passi da loro. Mi è stato raccontato che affrontò gli uomini del Klan con le mani sui fianchi, come faceva di solito quando veniva infastidita da qualcosa […] e che mostrò il pugno a tutti loro.[…] Bessie urlò "- Che cazzo avete intenzione di fare? Toglierò le tende se proprio devo, ma voi levatevi quei cappucci e filate!" Gli uomini del Ku KLux Klan, troppo sconvolti dall'affronto per muoversi, rimasero lì imbambolati. Bessie gli lanciò dietro tante di quelle parolacce che essi si voltarono e scomparvero silenziosamente nel buio. "Non ho mai visto una stronzata del genere" disse Bessie usando una delle sue espressioni preferite e ritornò verso i suoi ragazzi. "Quanto a voi, non siete che un mucchio di checche".

Poi ritornò nella tenda come se avesse sistemato una faccenda di tutti i giorni.


Nel 1929 Bessie si separò definitivamente dal marito dopo un periodo particolarmente difficile, dovuto anche all'affidamento di Jack Gee Junior,il bambino che la coppia aveva adottato illegalmente anni prima. Inoltre ormai da tempo, Bessie era a conoscenza della relazione che il marito aveva con Gertrude Saunders, una cantante e ballerina, i cui spettacoli erano finanziati da Jack, con i soldi di Bessie. Tra le due donne c'erano profonde differenze, fisiche, artistiche e psicologiche. Bessie affrontò fisicamente la sua rivale ben due volte. La seconda volta, dopo averla picchiata e lasciata in stato semicosciente in un marciapiede di Harlem, all'arrivo della polizia, se la cavò con una multa da pagare.

Il 1929 è anche l'anno che vide Bessie protagonista di un film, un cortometraggio, intitolato "St Louis Blues" diretto da Dudley Murphy.



Recitava la parte di una donna, di nome Bessie per l'appunto, portata all'alcolismo dal suo ragazzo, Jimmy, un uomo affascinante, ma opportunista e crudele.
Una delle scene iniziali ritrae la cantante mentre scopre il suo uomo in compagnia di un'altra donna in camera da letto. Dalle parole, si passa allo scontro fisico e Bessie viene scaraventata a terra. Guarda caso si trova a tiro una bottiglia di liquore che afferra e alla quale si attacca, prima di lanciarsi in una struggente introduzione di St Louis Blues. La scena passa ad un bar affollato con Bessie disperata al bancone del bar. Le persone che affollano il locale, non sono altro che il coro "Hall Johnson Singers", che fanno da sottofondo con un suggestivo accompagnamento vocale. Ad un certo momento si spalanca la porta ed appare Jimmy. Tutti sono contenti di vederlo, compresa lei, che gli cade tra le braccia. Fanno appena due giri di ballo, quando lui, senza farsi accorgere, le sfila dei soldi dal vestito, poi con la stessa baldanza con cui è entrato se ne va, lasciandola da sola con la sua disperazione e la sua birra. Bessie finisce il suo blues con il bicchiere in mano. In questa occasione diede prova di possedere un notevole temperamento di attrice drammatica.

La Depressione mise in seria crisi la vendita dei suoi dischi., tra il 1930 e il 1931 se ne vendettero poche migliaia Erano passati di moda i blues troppo tristi e così anche il vaudeville di cui Bessie era stata artista incontrastata. Chiudeva i battenti anche il Lincoln Theatre di Harlem, che veniva trasformato in una chiesa battista.

Nel 1933 Bessie entrò per l'ultima volta in uno studio d'incisione. Ad attenderla c'erano musicisti noti come Jack Teagarden, il trombettista Frankie Newton, il pianista Buck Washington, il tenorsassofonista Chu Berry e qualche altro. Partecipava alla registrazione anche Benny Goodman. Tra i pezzi, che alcuni critici considerano le sue incisioni migliori, c'erano "Gimme a pigfoot", "Do your Duty", "Take me for a Buggy Ride" e "Down in the Dumps" Dopo questa registrazione, lo studio rimase chiuso per il week-end. Si riaprì il lunedì successivo per il debutto di una nuova cantante diciottenne. Si chiamava Billie Holiday.

Gli anni successivi furono difficili per la cantante e per il blues. Nonostante tutto, Bessie non si ridusse in miseria. L'uomo al quale si era legata dopo la fine del suo matrimonio, era Richard Morgan, un gangster di Chicago che aveva fatto i soldi con il contrabbando di alcol. Dopo anni di litigate furibonde con il suo ex marito, Bessie sembrò trovare un po' di stabilità affettiva. Richard era un abile uomo d'affari, non era avaro con i suoi soldi, ma non li sprecava. Secondo i ricordi di chi lo conobbe, era anche un bell'uomo, alto affascinante ed elegante.

La carriera di Bessie sembrava essere ormai alla fine. Lo swing e il jazz stavano prendendo il posto del blues. Qualche altra occasione, comunque, si presentò ancora. Una le fu offerta nel 1936 dalla direzione del Connie's Inn a Harlem, la seconda fu una partecipazione ad uno spettacolo musicale che girava nel Sud, intitolato Broadway Rastus.

Fu durante uno dei trasferimenti da una città all'altra, che Bessie restò vittima di un incidente automobilistico che le costò la vita.

Era il 26 settembre 1937. Bessie aveva deciso di non andare in treno, ma di farsi accompagnare da Richard Morgan con la sua vecchia Packard. Guidava lui perché Bessie non aveva la patente. Era circa l'una di notte quando partirono da Memphis, diretti a Clarksdale, a circa 100 chilometri più a sud. La strada era buia e sembrava non finire mai. All'improvviso si trovarono davanti un grosso camion che si era fermato a lato della strada,e che si era appena rimesso in moto. Richard non riuscì ad evitarlo. Con l'urto l'auto si rovesciò su un fianco. Bessie rimase gravemente ferita, un avambraccio le fu quasi staccato dal braccio. Per caso, un medico che transitava a quell'ora di notte con un amico, si fermò per prestare i primi soccorsi. Vista la gravità della situazione, mandò il suo amico a chiamare un'autoambulanza. Richard era rimasto illeso.

La Chevrolet del dottore era ferma in mezzo alla strada. Sopraggiunse un'altra vettura, che andava a circa 60 km all'ora e tamponò la macchina del medico, che a sua volta andò addosso alla vecchia Packard. Gli occupanti dell'ultima vettura erano una coppia di bianchi, che ritornavano da un party. Dovette essere chiamata una seconda ambulanza. Bessie fu trasportata all'Afro American Hospital G.T.Thomas di Clarksdale, mentre gli altri due feriti al poco lontano ospedale per bianchi. Entrambe le strutture erano piccoli ospedali campagna, non sufficientemente attrezzati per affrontare gravi emergenze.

Bessie morì dissanguata forse prima di raggiungere l'ospedale o poco dopo.
Sulle circostanze della morte e su tutto ciò che seguì, si sono scritte e dette molte cose.
La morte di Bessie si trasformò in una "cause celèbre", tanto che divenne un'opera teatrale "The Death of Bessie Smith" di Edward Albee, ed andò in scena a Berlino nel 1960. La versione che circolò per un po' di tempo, fu che Bessie fu portata d'emergenza in un ospedale per bianchi e che le furono negate le cure necessarie. Tutto era nato da un articolo pubblicato per la rivista "Down Beat", scritto un po' di getto da John Hammond, che aveva raccolto solo delle voci.

Si capì tempo dopo, fatte le dovute indagini, che Bessie fu subito portata all'ospedale per afro americani. A quel tempo con la segregazione negli stati del sud, nessuna persona di colore sarebbe stata affidata ad una struttura ospedaliera per bianchi. I funerali si svolsero a Filadelfia e parteciparono circa settemila persone. La tomba della cantante rimase senza lapide perché il marito dichiarò di non avere i soldi per affrontare la spesa. Fu fatta una sottoscrizione, per aiutarlo a provvedere, ma lui spese il denaro per altro.

Solo nel  1970 una delle cantanti di punta della Columbia, la grandissima Janis Joplin, si adoperò  a sostenere le spese per una lapide ed un piccolo monumento.
Ci vollero 500 dollari.
Sulla lapide fu scritto "The greatest blues singer in the world will never stop singing" .... due mesi dopo anche Janis morì e  anche questa dovrebbe essere un'altra grande storia da raccontare.

Artisti come Annette Hanshaw, Billie Holiday, Ella Fitzgerald, Mahalia Jackson, Norah Jones e appunto la grande Janis Joplin si sono ispirati a lei e alla sua arte.

(parte del testo: fonte da Jazz Italia - www.jazzitalia.net)

venerdì 22 luglio 2011

il Gospel di Sister Rosetta Tharpe

Sister Rosetta Tharpe, classe 1915, è stata una cantante statunitense, pioniera della musica Gospel. Fu anche  autrice ed ebbe una grande popolarità negli anni trenta e quaranta grazie  alla sua particolare fusione di spiritual, rock, blues & swing.
Considerata come la prima  grande star del Gospel fin dal 1930, è conosciuta anche come la "original soul sister" della musica su vinile e pur non essendo la prima blueswoman con chitarra, è stata certamente tra le più scoppiettanti e brave della storia Afro-americana.
Nata in una piantagione di cotone in Arkansas, ha iniziato ad esibirsi all'età  di quattro anni, accompagnando la madre che suonava il mandolino. Alla fine del  1920 si trasferì  con la famiglia a Chicago suonando blues e jazz e mischiando, con la sua voce potente e la sua chitarra altrettanto incisiva, elementi di blues e di swing alla musica e ai testi sacri. Forse fu proprio per questo che diventò famosa e che fu tanto richiesta sia nelle chiese sia nei night-clubs, così come richiesti erano i suoi dischi, acquistati sia dall’uno sia dall’altro popolo. A Chicago, sicuramente, Rosetta sviluppò il suo stile, ma fu solo dopo il trasferimento a New York che cominciò ad incidere, nel 1938.

Fece anche tante altre cose a New York, Sister Rosetta, appena arrivata s’assicurò un ingaggio al Cotton Club di Harlem con Cab Calloway e al Cafe Society, fu la prima cantante nera di gospel ad esibirsi all’Apollo Theater nel 1943, una dei primi vocalist neri ad apparire in tv e calcò palcoscenici profani anche in Europa. Supportata dall’ Orchestra di Lucky Millinder, interpretò con stile sprezzante, seppur garbato, la splendida “Trouble In Mind” un pezzo misto di swing & blues, continuando poi, sempre nel 1941 e sempre nella frizzante Grande Mela con la favolosa “Shout, Sister, Shout”,  brano di Millinder stesso che potrebbe essere visto come manifesto caratteriale della Tharpe con, verso la fine, quell’allegro ”Alleluja”.
Nel 1967 partecipò anche al Newport Jazz Festival, una delle sue ultime importanti apparizioni. Dalla metà degli anni sessanta in poi, infatti, si dovette accontentare di cantare in minuscole chiese di minuscole città in giro per gli States, dove tutti le chiedevano i suoi vecchi hits.
Riuscendo così a campare di quelli non produsse più niente e finì male i suoi giorni, ebbe un infarto nel 1970 durante un tour in Europa, l’anno dopo le amputarono una gamba a causa del diabete e nel 1973 a Philadelphia, pronta ad entrare di nuovo in studio a registrare, ebbe un secondo,  infarto e.. morì.

Non è un certo un caso se, anche lei, come Howlin’ Wolf, Muddy Waters, Count Basie, Louis Armstrong, Nat King Cole, Billie Holiday… ha la sua immagine su un francobollo delle Poste americane.
Rosetta è stata fonte d'ispirazione per ogni rocker del dopoguerra, da Elvis Presley a Jerry Lee Lewis, da Chuck Berry a Little Richard. C'è un video edito dalla BBC (guarda appena sotto) , un video che adoro, si vede Rosetta che accompagnata sul palco (la scenografia è una stazione ferroviaria) da Cousin Joe Pleasant, si appende al collo la sua Gibson SG nonostante la  stazza e attacca a suonare in una chiave sbagliata. Ma lei non fa una piega,  si gira verso la band, grida "gimme the key" e comincia.... a far sognare con il suo fantastico assolo. The Queen!



Sister Rosetta Tharpe Didn't It Rain

 
Shout Sister Shout - Sister Rosetta Tharpe



martedì 19 luglio 2011

Roaring Twenties, gli anni irresistibili

Dopo anni di privazioni e paure della guerra, gli anni ’20 si aprono come una nuova epoca di benessere e ottimismo. L'energia che caratterizzò gli aspetti di questo particolare periodo storico, andò ad interessare l'aspetto sociale, quello artistico ma soprattutto quello del dinamismo culturale di un'epoca ritenuta per molti versi irripetibile.
Il senso di libertà e speranza porterà a chiamare questo decennio gli anni ruggenti "Roaring Twenties".
Nel campo dell’abbigliamento per la prima volta la moda si apre alle masse e cessa di essere riservata ad un elite. La nascita dei grandi magazzini portano novità nell’abbigliamento accessibile a tutti e nuovi tessuti sintetici, come il rayon, cominciano a diffondersi abbassando considerevolmente il prezzo di alcuni capi.
I progressi tecnologici manifatturieri portano alle prime calze trasparenti e al proliferare dei cosmetici, lanciando la moda delle labbra rosso fuoco e del mascara per occhi "smoky eyes".

La moda viene influenzata dalla passione per le geometrie, e l'arte e all’architettura da una sorta di razionalismo. Gli abiti diventano semplici, i tessuti morbidi, la vita è bassa, on maggior libertà nei movimenti, le linee sono dritte, le gonne sempre più corte, gli abiti da sera sono senza maniche, in tessuti leggeri e velati, come chiffon, tulle, seta e organza impreziositi con perline e frange. I cappelli sono piccole cloche calzate fino alle sopracciglia e capelli per la prima volta vengono tagliati sempre più corti talvolta alla maschietta.
E' l’ideale di bellezza che cambia radicalmente la donna deve avere seno e vita inesistenti e fianchi stretti, come un'eterna adolescente, le curve vengono sostituite delle linee dritte e iprimi reggiseni, che fanno la loro apparizione proprio in questi anni, sono infatti progettati per schiacciare il seno invece che valorizzarlo.
Lentamente i rigidi schemi vittoriani andaro ad incrinarsi, i membri della società vittoriana si videro minacciati da tre fattori principali:

la riforma dell'abbigliamento

la riforma sull'educazione femminile
le donne lavoratrici




Il grande Gatsby
"Almeno una volta ogni quindici giorni un'intera squadra di fornitori arrivava con centinaia di metri di tela e lampadine colorate sufficienti a trasformare il giardino enorme di Gatsby in un albero di Natale. Sulle tavole dei rinfreschi, guarnite di antipasti scintillanti, i saporiti prosciutti al forno si accatastavano, coperti da insalate dai disegni arlecchineschi insieme a porcellini e tacchini ripieni, trasformati come per magia in oro cupo. Nel salone principale era impiantato un bar con un'autentica ringhiera di ottone, stracarico di gin e di liquori e di cordiali di marche dimenticate da tanto tempo che quasi tutte le invitate erano troppo giovani per poter conoscere. Alle sette è arrivata l'orchestra, non una cosetta di cinque elementi, ma un intero mucchio di oboe e tromboni e sassofoni e viole e cornette e flauti e tamburi grandi e piccoli. Gli ultimi bagnanti sono ritornati dalla spiaggia e stanno vestendosi disopra; le macchine arrivate da New York sono disposte su cinque file lungo il viale; già le sale e i saloni e le verande sono sgargianti di colori e di pettinature nuove e strane e di scialli che superano i sogni di un castigliano....."
(da Il grande Gatsby di F.S. Fitzgerald - 1925)


Il romanzo di Francis Scott Fitzgerald, il grande Gatsby, acquista i contorni di una fonte storicamente preziosa proprio per capire le motivazioni di questo grande irrepetibile periodo. Fu grazie a questo progetto narrativo che Fitzgerald riuscì a rivelare la sostanza e la verità dello sfarzo delle feste di Gatsby restituendone pienamente l'atmosfera di quegli anni irresistibili. Il libro fu pubblicato nel 1925 ma racconta l'estate del 1922. Rivedere la macchina giallo-crema foderata all'interno di cuoio verde, il mare buio e la villa di fiaba a Long Island e i durevoli beni a cui Gatsby (il romantico gangster in flanella bianca) affida la riconquista della volubilissima Daisy Fay (automobili, radio e costruzioni residenziali) è un modo non solo per raccontare la vicenda individuale del Grande Gatsby ma anche per fornire uno squarcio interpretativo molto efficace nel decifrare la congiuntura economica degli anni Venti negli Stati Uniti, dove i nuovi consumi di massa dilagarono in modo incomparabilmente superiore a quanto avveniva in Europa. Non c'era un reddito pro capite sufficiente a sostenerli in modo stabile, ma per le euforie di quegli anni (incarnatesi nel Grande Gatsby) questo non era un problema. Come l'eroe di Fitzgerald deve fingersi ricco per riconquistare l'avida Daisy, così l'America degli anni Venti per potersi permettere auto, radio e villette unifamiliari, per non essere esclusa da quel mondo luccicante, deve indebitarsi e speculare.



Il Jazz, lo Swing , le Big Band e il Be Bop

Nel 1926 il Savoy Ballroom aprì ad Harlem e divenne il punto di riferimento del Jazz e dello Swing. Chick Webb “inventò” la prima star vocalist: Ella Fitzgerald.
A Chicago successe la stessa cosa con Earl Hines, Charles Cooke, David Peyton ed Erskine Tate. Queste sale da ballo divennero il posto di esibizione ideale delle Big Band cominciarono a diffondersi anche i balli quali la rumba, il tango, il mambo, la samba e il cha-cha introducendo nelle grandi orchestre nuovi elementi di ritmica.
Nei bar si diffuse invece una versione ridotta della Big Band, il cosiddetto “Combo” cinque o sei strumenti che suonava un jazz più soft. I rivali dei combo nei bar furono i pianisti solisti in quanto molti bar preferirono continuare la tradizione dei saloon e dei bordelli nata a New Orleans. Nel 1932 Duke Ellington scrisse “It don’t mean a thing if it ain’t got that swing” e fu la nascita ufficiale del genere. Due anni dopo, Commodore e Blue Note furono le prime etichette discografiche dedicate interamente al jazz. Lo swing comincia a delinearsi verso la metà degli anni venti, un nuovo stile che mescolando la musica di New Orleans e quella di Chicago diede origine a questo nuovo modo di fare jazz.
La parola Be Bop (a volte Re Bop) è un suono onomatopeico che imita una frase di due note dell’intervallo di quinta diminuita tipico delle nuove armonizzazioni usate dai Bopers, ma fa riferimento, nel linguaggio gergale anche ai termini di rissa, coltellata o rivolta. Rivolta nei confronti dello swing commerciale che si manifesta suonando senza un programma, un fraseggio nervoso, frammentato e velocissimo con nuove soluzioni armoniche e ritmiche indiavolate. L’obiettivo dello swing e delle grandi orchestre (e soprattutto delle case discografiche) era stato quello di non far pensare alla guerra e ai problemi sociali con una musica allegra, spensierata e da ballo. I musicisti neri che militavano in queste orchestre avvertono però l’esigenza di svincolarsi dagli arrangiamenti rigidi delle Big Band e di esprimersi più liberamente per manifestare la loro ribellione a quel mondo di finta allegria. Ecco allora che alcuni di loro, dopo il lavoro in orchestra si riuniscono in piccole formazioni (combos) formate da tre/sette elementi per sperimentare nuove soluzioni armoniche e nuovi arrangiamenti.



















mercoledì 6 luglio 2011

Anita O'Day, la Jezabel del Jazz

Leggenda dell'era delle big-band, Anita O'Day è stata l'unica bianca in grado di competere nelle acrobazie scat (***vedi significato) con Ella Fitzgerald di cui prese appunto il soprannome "la Ella Fitzgerald dalla pelle bianca" che, insieme alla Holiday e Mildred Bailey, lei considerava la sua principale ispiratrice. Anita Bell Colton cambia il suo cognome negli anni '30  in O'Day e comincia a cantare nei  jazz club. Dopo varie esperienze nello show biz, provini con le orchestre blasonate di Benny Goodman, che l'avevano giudicata inadatta al canto, entra finalmente nell'orchestra del batterista Gene Krupa, bandleader di big band jazz ed esponente di primo piano dell'età del jazz, uno dei primi batteristi ad acquisire una vasta popolarità e con cui suonerà dal '41 al '42 . Da ricordare il loro "Let me off uptown" che divenne un popolare successo. Negli anni quaranta Anita venne eletta dalla rivista "Down Beat"come tra le prime cinque cantanti di big band. Dotata di uno swing irresistibile, una pronuncia perfetta e un fraseggio conturbante, nel suo  periodo d'oro Anita sfoggiava humour e classe da regina.
Il grande successo arrivò alla fine degli anni '40.  Il suo album «Anita»,  elevò la sua 
carriera verso uno stabile successo.
Lavorò, per ricordare qualche nome, con Louis Armstrong,
Dinah Washington e Thelonious Monk. Anita O'Day è stata la più sofisticata e grande cantante  jazz di pelle bianca, l'unica che possa essere paragonata alle
supreme Fitzgerald, Holiday e Vaughan, tra i suoi successi più famosi vi  sono "Sweet Gorgia Brown", "Honeysuckle Ros", "And Her Tears Flowed Like Wine" e "Tea for  Two".

A Newport nel 1958 incantò tutti con la sua memorabile apparizione al Newport Jazz Festival immortalata nel film "Jazz On A Summer's Day" con le interpretazioni di "Tea For Two" e "Sweet  Giorgia Brown" .



La sua vita pero' non fu quasi mai serena. Piu' volte fu arrestata per possesso di  stupefacenti e per ubriachezza, tanto da essere ribattezzata la ''Jezabel del jazz'', come ha raccontato lei stessa nell'autobiografia "Hard Times, High Times". E' stata poi un'innovatrice dello stile, prima artista a rinunciare all'abito da sera per le sue esibizioni e a indossare piu' semplicemente completi giacca, camicia e cravattino, i capelli raccolti, la gestualità  determinata, imporrà un'estetica assolutamente innovativa e provocatoria per i tempi,  rappresentando la negazione dello stereotipo femminile, tutta ancheggiamenti e seduzione,  tanto da far sospettare una sua celata omosessualità.
Anita O'Day rivoluzionò il canto delle grandi orchestre, quando le cantanti erano incendiate dai solisti  della tromba e dal bopping insistente del piano, rimase attiva fino a tarda età, il suo ultimo  disco "Indestructible!" uscì nel 2006.
Il 23 novembre 2006 Anita morì nel sonno la notte del Giorno del Ringraziamento, in un
ospedale di West Hollywood.  Convalescente da una polmonite, due giorni prima aveva chiesto di essere dimessa.


*** SCAT (dal sito di Jazz Italia - http://www.jazzitalia.net) Lo scat è una tecnica di canto jazz usata in particolare per l'improvvisazione vocale che utilizza una quantità indeterminata di fonemi a scelta dell'interprete. Nello scat il cantante fa a meno del testo e inventa un suo particolare proto-linguaggio funzionale alle proprie invenzioni ritmico/melodiche. Con lo scat la voce acquista la stessa assoluta libertà articolatoria del fraseggio jazzistico degli altri strumenti dell'orchestra.
La leggenda dice che l'inventore dello scat fu proprio Louis Armstrong il quale, nel 1926, durante la registrazione di Heebie Jeebies con il suo gruppo "The Hot Five", si trovò a dover improvvisare una parte della canzone con sillabe inventate perchè gli era caduto il foglio con le parole dal leggio. Leggenda, perchè sia lo stesso Armstrong che già altri da qualche tempo vocalizzavano le canzoni, ricercando con la propria voce quella qualità di improvvisazione che la potesse elevare a un livello strumentale.
Ogni cantante di scat usa una propria sillabazione caratteristica (scat words) che, insieme con il timbro della voce, lo identifica immediatamente.