venerdì 22 luglio 2011

il Gospel di Sister Rosetta Tharpe

Sister Rosetta Tharpe, classe 1915, è stata una cantante statunitense, pioniera della musica Gospel. Fu anche  autrice ed ebbe una grande popolarità negli anni trenta e quaranta grazie  alla sua particolare fusione di spiritual, rock, blues & swing.
Considerata come la prima  grande star del Gospel fin dal 1930, è conosciuta anche come la "original soul sister" della musica su vinile e pur non essendo la prima blueswoman con chitarra, è stata certamente tra le più scoppiettanti e brave della storia Afro-americana.
Nata in una piantagione di cotone in Arkansas, ha iniziato ad esibirsi all'età  di quattro anni, accompagnando la madre che suonava il mandolino. Alla fine del  1920 si trasferì  con la famiglia a Chicago suonando blues e jazz e mischiando, con la sua voce potente e la sua chitarra altrettanto incisiva, elementi di blues e di swing alla musica e ai testi sacri. Forse fu proprio per questo che diventò famosa e che fu tanto richiesta sia nelle chiese sia nei night-clubs, così come richiesti erano i suoi dischi, acquistati sia dall’uno sia dall’altro popolo. A Chicago, sicuramente, Rosetta sviluppò il suo stile, ma fu solo dopo il trasferimento a New York che cominciò ad incidere, nel 1938.

Fece anche tante altre cose a New York, Sister Rosetta, appena arrivata s’assicurò un ingaggio al Cotton Club di Harlem con Cab Calloway e al Cafe Society, fu la prima cantante nera di gospel ad esibirsi all’Apollo Theater nel 1943, una dei primi vocalist neri ad apparire in tv e calcò palcoscenici profani anche in Europa. Supportata dall’ Orchestra di Lucky Millinder, interpretò con stile sprezzante, seppur garbato, la splendida “Trouble In Mind” un pezzo misto di swing & blues, continuando poi, sempre nel 1941 e sempre nella frizzante Grande Mela con la favolosa “Shout, Sister, Shout”,  brano di Millinder stesso che potrebbe essere visto come manifesto caratteriale della Tharpe con, verso la fine, quell’allegro ”Alleluja”.
Nel 1967 partecipò anche al Newport Jazz Festival, una delle sue ultime importanti apparizioni. Dalla metà degli anni sessanta in poi, infatti, si dovette accontentare di cantare in minuscole chiese di minuscole città in giro per gli States, dove tutti le chiedevano i suoi vecchi hits.
Riuscendo così a campare di quelli non produsse più niente e finì male i suoi giorni, ebbe un infarto nel 1970 durante un tour in Europa, l’anno dopo le amputarono una gamba a causa del diabete e nel 1973 a Philadelphia, pronta ad entrare di nuovo in studio a registrare, ebbe un secondo,  infarto e.. morì.

Non è un certo un caso se, anche lei, come Howlin’ Wolf, Muddy Waters, Count Basie, Louis Armstrong, Nat King Cole, Billie Holiday… ha la sua immagine su un francobollo delle Poste americane.
Rosetta è stata fonte d'ispirazione per ogni rocker del dopoguerra, da Elvis Presley a Jerry Lee Lewis, da Chuck Berry a Little Richard. C'è un video edito dalla BBC (guarda appena sotto) , un video che adoro, si vede Rosetta che accompagnata sul palco (la scenografia è una stazione ferroviaria) da Cousin Joe Pleasant, si appende al collo la sua Gibson SG nonostante la  stazza e attacca a suonare in una chiave sbagliata. Ma lei non fa una piega,  si gira verso la band, grida "gimme the key" e comincia.... a far sognare con il suo fantastico assolo. The Queen!



Sister Rosetta Tharpe Didn't It Rain

 
Shout Sister Shout - Sister Rosetta Tharpe



martedì 19 luglio 2011

Roaring Twenties, gli anni irresistibili

Dopo anni di privazioni e paure della guerra, gli anni ’20 si aprono come una nuova epoca di benessere e ottimismo. L'energia che caratterizzò gli aspetti di questo particolare periodo storico, andò ad interessare l'aspetto sociale, quello artistico ma soprattutto quello del dinamismo culturale di un'epoca ritenuta per molti versi irripetibile.
Il senso di libertà e speranza porterà a chiamare questo decennio gli anni ruggenti "Roaring Twenties".
Nel campo dell’abbigliamento per la prima volta la moda si apre alle masse e cessa di essere riservata ad un elite. La nascita dei grandi magazzini portano novità nell’abbigliamento accessibile a tutti e nuovi tessuti sintetici, come il rayon, cominciano a diffondersi abbassando considerevolmente il prezzo di alcuni capi.
I progressi tecnologici manifatturieri portano alle prime calze trasparenti e al proliferare dei cosmetici, lanciando la moda delle labbra rosso fuoco e del mascara per occhi "smoky eyes".

La moda viene influenzata dalla passione per le geometrie, e l'arte e all’architettura da una sorta di razionalismo. Gli abiti diventano semplici, i tessuti morbidi, la vita è bassa, on maggior libertà nei movimenti, le linee sono dritte, le gonne sempre più corte, gli abiti da sera sono senza maniche, in tessuti leggeri e velati, come chiffon, tulle, seta e organza impreziositi con perline e frange. I cappelli sono piccole cloche calzate fino alle sopracciglia e capelli per la prima volta vengono tagliati sempre più corti talvolta alla maschietta.
E' l’ideale di bellezza che cambia radicalmente la donna deve avere seno e vita inesistenti e fianchi stretti, come un'eterna adolescente, le curve vengono sostituite delle linee dritte e iprimi reggiseni, che fanno la loro apparizione proprio in questi anni, sono infatti progettati per schiacciare il seno invece che valorizzarlo.
Lentamente i rigidi schemi vittoriani andaro ad incrinarsi, i membri della società vittoriana si videro minacciati da tre fattori principali:

la riforma dell'abbigliamento

la riforma sull'educazione femminile
le donne lavoratrici




Il grande Gatsby
"Almeno una volta ogni quindici giorni un'intera squadra di fornitori arrivava con centinaia di metri di tela e lampadine colorate sufficienti a trasformare il giardino enorme di Gatsby in un albero di Natale. Sulle tavole dei rinfreschi, guarnite di antipasti scintillanti, i saporiti prosciutti al forno si accatastavano, coperti da insalate dai disegni arlecchineschi insieme a porcellini e tacchini ripieni, trasformati come per magia in oro cupo. Nel salone principale era impiantato un bar con un'autentica ringhiera di ottone, stracarico di gin e di liquori e di cordiali di marche dimenticate da tanto tempo che quasi tutte le invitate erano troppo giovani per poter conoscere. Alle sette è arrivata l'orchestra, non una cosetta di cinque elementi, ma un intero mucchio di oboe e tromboni e sassofoni e viole e cornette e flauti e tamburi grandi e piccoli. Gli ultimi bagnanti sono ritornati dalla spiaggia e stanno vestendosi disopra; le macchine arrivate da New York sono disposte su cinque file lungo il viale; già le sale e i saloni e le verande sono sgargianti di colori e di pettinature nuove e strane e di scialli che superano i sogni di un castigliano....."
(da Il grande Gatsby di F.S. Fitzgerald - 1925)


Il romanzo di Francis Scott Fitzgerald, il grande Gatsby, acquista i contorni di una fonte storicamente preziosa proprio per capire le motivazioni di questo grande irrepetibile periodo. Fu grazie a questo progetto narrativo che Fitzgerald riuscì a rivelare la sostanza e la verità dello sfarzo delle feste di Gatsby restituendone pienamente l'atmosfera di quegli anni irresistibili. Il libro fu pubblicato nel 1925 ma racconta l'estate del 1922. Rivedere la macchina giallo-crema foderata all'interno di cuoio verde, il mare buio e la villa di fiaba a Long Island e i durevoli beni a cui Gatsby (il romantico gangster in flanella bianca) affida la riconquista della volubilissima Daisy Fay (automobili, radio e costruzioni residenziali) è un modo non solo per raccontare la vicenda individuale del Grande Gatsby ma anche per fornire uno squarcio interpretativo molto efficace nel decifrare la congiuntura economica degli anni Venti negli Stati Uniti, dove i nuovi consumi di massa dilagarono in modo incomparabilmente superiore a quanto avveniva in Europa. Non c'era un reddito pro capite sufficiente a sostenerli in modo stabile, ma per le euforie di quegli anni (incarnatesi nel Grande Gatsby) questo non era un problema. Come l'eroe di Fitzgerald deve fingersi ricco per riconquistare l'avida Daisy, così l'America degli anni Venti per potersi permettere auto, radio e villette unifamiliari, per non essere esclusa da quel mondo luccicante, deve indebitarsi e speculare.



Il Jazz, lo Swing , le Big Band e il Be Bop

Nel 1926 il Savoy Ballroom aprì ad Harlem e divenne il punto di riferimento del Jazz e dello Swing. Chick Webb “inventò” la prima star vocalist: Ella Fitzgerald.
A Chicago successe la stessa cosa con Earl Hines, Charles Cooke, David Peyton ed Erskine Tate. Queste sale da ballo divennero il posto di esibizione ideale delle Big Band cominciarono a diffondersi anche i balli quali la rumba, il tango, il mambo, la samba e il cha-cha introducendo nelle grandi orchestre nuovi elementi di ritmica.
Nei bar si diffuse invece una versione ridotta della Big Band, il cosiddetto “Combo” cinque o sei strumenti che suonava un jazz più soft. I rivali dei combo nei bar furono i pianisti solisti in quanto molti bar preferirono continuare la tradizione dei saloon e dei bordelli nata a New Orleans. Nel 1932 Duke Ellington scrisse “It don’t mean a thing if it ain’t got that swing” e fu la nascita ufficiale del genere. Due anni dopo, Commodore e Blue Note furono le prime etichette discografiche dedicate interamente al jazz. Lo swing comincia a delinearsi verso la metà degli anni venti, un nuovo stile che mescolando la musica di New Orleans e quella di Chicago diede origine a questo nuovo modo di fare jazz.
La parola Be Bop (a volte Re Bop) è un suono onomatopeico che imita una frase di due note dell’intervallo di quinta diminuita tipico delle nuove armonizzazioni usate dai Bopers, ma fa riferimento, nel linguaggio gergale anche ai termini di rissa, coltellata o rivolta. Rivolta nei confronti dello swing commerciale che si manifesta suonando senza un programma, un fraseggio nervoso, frammentato e velocissimo con nuove soluzioni armoniche e ritmiche indiavolate. L’obiettivo dello swing e delle grandi orchestre (e soprattutto delle case discografiche) era stato quello di non far pensare alla guerra e ai problemi sociali con una musica allegra, spensierata e da ballo. I musicisti neri che militavano in queste orchestre avvertono però l’esigenza di svincolarsi dagli arrangiamenti rigidi delle Big Band e di esprimersi più liberamente per manifestare la loro ribellione a quel mondo di finta allegria. Ecco allora che alcuni di loro, dopo il lavoro in orchestra si riuniscono in piccole formazioni (combos) formate da tre/sette elementi per sperimentare nuove soluzioni armoniche e nuovi arrangiamenti.



















mercoledì 6 luglio 2011

Anita O'Day, la Jezabel del Jazz

Leggenda dell'era delle big-band, Anita O'Day è stata l'unica bianca in grado di competere nelle acrobazie scat (***vedi significato) con Ella Fitzgerald di cui prese appunto il soprannome "la Ella Fitzgerald dalla pelle bianca" che, insieme alla Holiday e Mildred Bailey, lei considerava la sua principale ispiratrice. Anita Bell Colton cambia il suo cognome negli anni '30  in O'Day e comincia a cantare nei  jazz club. Dopo varie esperienze nello show biz, provini con le orchestre blasonate di Benny Goodman, che l'avevano giudicata inadatta al canto, entra finalmente nell'orchestra del batterista Gene Krupa, bandleader di big band jazz ed esponente di primo piano dell'età del jazz, uno dei primi batteristi ad acquisire una vasta popolarità e con cui suonerà dal '41 al '42 . Da ricordare il loro "Let me off uptown" che divenne un popolare successo. Negli anni quaranta Anita venne eletta dalla rivista "Down Beat"come tra le prime cinque cantanti di big band. Dotata di uno swing irresistibile, una pronuncia perfetta e un fraseggio conturbante, nel suo  periodo d'oro Anita sfoggiava humour e classe da regina.
Il grande successo arrivò alla fine degli anni '40.  Il suo album «Anita»,  elevò la sua 
carriera verso uno stabile successo.
Lavorò, per ricordare qualche nome, con Louis Armstrong,
Dinah Washington e Thelonious Monk. Anita O'Day è stata la più sofisticata e grande cantante  jazz di pelle bianca, l'unica che possa essere paragonata alle
supreme Fitzgerald, Holiday e Vaughan, tra i suoi successi più famosi vi  sono "Sweet Gorgia Brown", "Honeysuckle Ros", "And Her Tears Flowed Like Wine" e "Tea for  Two".

A Newport nel 1958 incantò tutti con la sua memorabile apparizione al Newport Jazz Festival immortalata nel film "Jazz On A Summer's Day" con le interpretazioni di "Tea For Two" e "Sweet  Giorgia Brown" .



La sua vita pero' non fu quasi mai serena. Piu' volte fu arrestata per possesso di  stupefacenti e per ubriachezza, tanto da essere ribattezzata la ''Jezabel del jazz'', come ha raccontato lei stessa nell'autobiografia "Hard Times, High Times". E' stata poi un'innovatrice dello stile, prima artista a rinunciare all'abito da sera per le sue esibizioni e a indossare piu' semplicemente completi giacca, camicia e cravattino, i capelli raccolti, la gestualità  determinata, imporrà un'estetica assolutamente innovativa e provocatoria per i tempi,  rappresentando la negazione dello stereotipo femminile, tutta ancheggiamenti e seduzione,  tanto da far sospettare una sua celata omosessualità.
Anita O'Day rivoluzionò il canto delle grandi orchestre, quando le cantanti erano incendiate dai solisti  della tromba e dal bopping insistente del piano, rimase attiva fino a tarda età, il suo ultimo  disco "Indestructible!" uscì nel 2006.
Il 23 novembre 2006 Anita morì nel sonno la notte del Giorno del Ringraziamento, in un
ospedale di West Hollywood.  Convalescente da una polmonite, due giorni prima aveva chiesto di essere dimessa.


*** SCAT (dal sito di Jazz Italia - http://www.jazzitalia.net) Lo scat è una tecnica di canto jazz usata in particolare per l'improvvisazione vocale che utilizza una quantità indeterminata di fonemi a scelta dell'interprete. Nello scat il cantante fa a meno del testo e inventa un suo particolare proto-linguaggio funzionale alle proprie invenzioni ritmico/melodiche. Con lo scat la voce acquista la stessa assoluta libertà articolatoria del fraseggio jazzistico degli altri strumenti dell'orchestra.
La leggenda dice che l'inventore dello scat fu proprio Louis Armstrong il quale, nel 1926, durante la registrazione di Heebie Jeebies con il suo gruppo "The Hot Five", si trovò a dover improvvisare una parte della canzone con sillabe inventate perchè gli era caduto il foglio con le parole dal leggio. Leggenda, perchè sia lo stesso Armstrong che già altri da qualche tempo vocalizzavano le canzoni, ricercando con la propria voce quella qualità di improvvisazione che la potesse elevare a un livello strumentale.
Ogni cantante di scat usa una propria sillabazione caratteristica (scat words) che, insieme con il timbro della voce, lo identifica immediatamente.